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mercoledì 25 settembre 2013

Il destino della Strada Parco tra Pescara e Montesilvano



Sul destino della Strada Parco è calata la falce delle decisioni di pertinenza delle amministrazioni, contrastate da associazioni di cittadini che sostengono che il “Filò” è una soluzione pasticciata sotto molteplici fronti. Questo è un terreno fertile per alimentare i “turbamenti”, l’irrazionalità dei cittadini e la polarizzazione su opposte opinioni che, se usate “ad arte”, spostano il consenso dei favorevoli e dei contrari su elementi che non riguardano le effettive caratteristiche , utilità e disutilità della soluzione “Filò”. Il ricorso alla magistratura si esprimerà su cavilli legali che daranno la ragione a qualcuno, ma non serviranno per fare giustizia in questa diatriba dai contorni tragi-comici.
La filosofia che ci viene trasmessa è che il Filò sarà anche lungo, largo, dotato di una tecnologia superata e usurpatore di spazi sicuri per i cittadini ma, dato che fa bene (nel tempo, capiremo a chi) vuole correre tutto solo , vuole una corsia delimitata e riservata, anche quando la corsia è vuota. Quando passerà il “Filò” tutta l’attuale fauna di cittadini beati, dovrà tornare nel proprio“recinto” . Il mercato è già stato sfrattato, con disappunto di migliaia di utenti e commercianti ambulanti. I pedoni, i ciclisti, i pattinatori, gli anziani, le mamme e i bambini , nonché  le “Carrozzine determinate” (che rivendicano – a ragione - spazi di civiltà) andranno a condividere gli spazi del percorso ciclo-pedonale a loro riservato (bisogna percorrerlo per capire cosa significhi in certi punti, in certe ore della giornata ed in certi giorni).
Prefiguro il momento in cui il Filò – se sopravviverà ai ricorsi - verrà smantellato per “fallimento”e, sono convinto che, dando tempo al tempo, amministratori illuminati ci faranno passare i mezzi di trasporto ecologico che può contenere ( comprese migliaia di biciclette) per integrarli con gli usi e costumi moderni e con un sistema di trasporto pubblico che incida significativamente sull’uso sostituibile dell’automobile e, con questo, sulla salute dei cittadini e sulla vivibilità dell’intera area metropolitana, aspetto alla quale sono molto sensibili anche i turisti.

La Strada Parco è un’ esemplare della crisi sociale e politica che viviamo. È un pericolo che va mitigato evitando il naufragio di un’occasione unica per rimodulare il trasporto pubblico; è il pericolo di produrre giustificazioni non comprensibili e non dimostrabili alla scelta di una soluzione tecnologica soggetta a gravi rischi di fallimento e che non è l’unica possibile come vogliono farci credere; è il pericolo di affermare la contrapposizione di parti non cooperanti come strumento politico; è il pericolo di distanziare ulteriormente la politica da una visione sistemica dei problemi economici e sociali; ma è anche un’opportunità .
L’opportunità è quella di fare la cosa giusta ora, a costo di cambiare idea perchè è noto che solo i cretini non cambiano idea; è quella di ascoltare i dati forniti dai decisori e dagli oppositori , senza avere la sensazione di ricevere propaganda o ordini perentori o ventate di estremismo oltranzista, ma elementi misurabili di una scelta ragionata sui conti economici, sui bilanci, sulla tutela della salute e delle minoranze, sulla qualità della vita.
L’opportunità passa attraverso la riduzione della conflittualità tra parti che riconoscono e rispettano la reciproca autonomia di giudizio e che si assoggettano all’evidenza del bene comune; è quella di dichiarare in modo trasparente come incidano le scelte fatte sulla vita dei cittadini coinvolti; è quella di stimolare gli stili di vita salutari e non opporsi alla loro evoluzione.
Se le opportunità si avverassero vinceremmo tutti; diversamente, avremo dato una picconata per approfondire la fossa in cui sta precipitando il nostro Paese.
Valerio Di Vincenzo

martedì 24 settembre 2013

Chiuso per Bici o Chiuso alle bici?





La giornata di domenica 22 settembre 2013 e le attività dedicate a promuovere la comunicazione del progetto di realizzazione di una pista ciclabile lungo tutta la costa abruzzese , denominato “Bike to Coast” , hanno diffuso il messaggio dettato dallo slogan scelto dai promotori: “Chiuso per Bici” .
Il messaggio rivolto alla popolazione è stato forte e chiaro: Le bici possono viaggiare in sicurezza, basta volerlo. Le famiglie con bambini e gli appassionati che hanno risposto all’appello sono spuntati a migliaia!
Non ritengo che abbia senso entrare in polemica con le amministrazioni regionale e comunali che hanno utilizzato i primi fondi pubblici destinati al progetto Bike to Coast per finanziare attività che poco avevano a che spartire con l’effettiva valenza del progetto e della giornata di sensibilizzazione, disattendendo indicazioni fornite in tempo ed in dettaglio dalle associazioni come Pescara Bici e Critical Mass.
Il mio pensiero è che, se i sostenitori delle politiche ciclo ambientalistiche vorranno contare nelle sedi decisionali , dovranno insediarci propri rappresentanti.
Non si può chiedere ai partiti ed alle forze sociali attualmente insediate nelle “stanze dei bottoni” - dalle quali gestiscono il denaro pubblico-  di sostenere – se non strumentalmente – il cambiamento dei costumi in direzioni che non conoscono, che non praticano e che non si premurano di conoscere. Quello che oggi c’è in ballo è un finanziamento multimilionario - meritoriamente attivato sull’obiettivo di “bike to Coast” in regione Abruzzo - ma che ha tutte le caratteristiche per essere disperso sotto forma della solita - colpevole e irresponsabile - vaghezza progettuale, carenza di informazione e di coinvolgimento dei soggetti coinvolti. Sappiamo che questo atteggiamento è foriero di errori, di sprechi, di malversazioni e scelte impopolari . Eppure, la deriva sarà inarrestabile se non verrà attivato un meccanismo stringente di controllo e di intervento capace di dare coerenza a questa enorme opportunità che si apre al ruolo della costa abruzzese nell’offerta di piste sicure, percorribili da ciclisti quotidiani e cicloturisti. Per cui la mia idea è che nessuna soluzione rivolta agli utenti della bicicletta dovrà essere sviluppata senza la loro motivata e consapevole partecipazione...Per far questo il "PEDAL POWER" si deve organizzare per contare sulle scelte della politica.
Ho aderito alla pedalata organizzata dall’associazione PescaraBici per questa data ed ho avuto l’occasione per capire come la pensa la gente delle scelte che le amministrazioni competenti stanno assumendo per favorire l’uso più ampio della bicicletta e, ciò, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza del transito delle biciclette sulle strade cittadine , sia nei giorni di festa, sia quotidianamente.
Uno degli argomenti d’attualità è il completamento delle opere che porteranno al pieno funzionamento del Filò sul tracciato della “Strada Parco”.
I cittadini di Pescara e Montesilvano sono stati fomentati a dividersi tra “favorevoli” e “contrari” al Filò, come se questo fosse l’unico mezzo per trasportare le persone.
La filosofia che ci viene trasmessa è che il Filò sarà anche lungo, largo, dotato di una tecnologia superata e usurpatore di spazi sicuri per i cittadini ma, dato che fa bene (nel tempo, capiremo a chi) vuole correre tutto solo , vuole una corsia delimitata e riservata, anche quando la corsia è vuota .
Questo, perché il Filò riduce il traffico privato…. Il traffico privato di automobili non nasce spontaneamente, mentre dipende dalla domanda e dall'offerta di mobilità Cambiando l'ordine gerarchico degli utenti della strada  ( oggi, prima di tutto viene l'automobile!) è evidente che si possono cambiare a volontà le caratteristiche  del traffico. Questo potrebbe ridotto con interventi diversificati , integrati tra loro , ma per fare questo ci vuole competenza, efficienza, assenza di conflitti di interesse, capacità di ascolto e progettuale, volontà di gestire i conflitti in modo cooperativo e non solo di perenne e sterile ostilità tra parti contrapposte,. Tutto quello che sembra mancare all’attuale quadro politico e sociale.
Per esempio, un investimento molto redditizio sarebbe quello di indurre in tutti i modi i genitori di bambini sempre più “cicciotti” a cambiare le loro pigre abitudini ed a creare le condizioni affinchè i bambini si muovano da soli, con i mezzi pubblici, a piedi o in bicicletta. ( con un'azione a tenaglia che passi per le scuole, le chiese,  il comune, l'offerta di trasporti a demand, la polizia e l'esercito , se necessario.)
Sulla Strada Parco in bicicletta ti senti privilegiato. È proprio la sensazione che le Amministrazioni hanno voluto far provare ai tanti partecipanti a “Chiuso per Bici”.
Purtroppo - è solo un esempio lungo le strade della Citta di Pescara- al momento di arrivare all’incrocio con Via Leopoldo Muzii  non c'è traccia di segnaletica che indirizzi il traffico diretto a sud.
C’è l’evidenza che i ciclisti non sono utenti deboli - come dice il Codice della Strada - per loro volontà o caratteristiche intrinseche, ma per l’assenza di una visione e di interventi  coerenti da parte di chi si occupa della sicurezza delle strade comunali.
Suscita curiosità ed umorismo di bassa lega l'incongruenza dell'operato di chi , con una mano “Chiude per Bici” e con l’altra “Chiude alle Bici”.
Sembra che gli amministratori vogliano incutere paura ai ciclisti…e ci riescono o, meglio, ci cono riusciti finora con la maggioranza delle persone in “età ciclabile”.
Ma qualcosa di nuovo è nell’aria e, il sondaggio del 19 settembre effettuato da Pescara Bici, ha contato 617 biciclette - tra le 7.30 e le 8.30 di un mattino feriale .
Il problema è che tutti questi imboccano Via Leopoldo Muzii con il pericolo di essere investiti. A chi sembra logico? A chi giova ? Perchè, nonostante le sollecitazioni, gli organi competenti non intervengono?
Eppure , i soldi per la segnaletica dei percorsi ciclabili e l’impegno della Polizia municipale a mantenerli praticabili togliendo le macchine parcheggiate sono irrisori, tra le pieghe del bilancio.
Se dovesse succedere un incidente che coinvolge un ciclista in questo  incrocio e in tutte le situazioni assimilabili non sarà una casualità e  i responsabili sono già noti.
Valerio Di Vincenzo


domenica 5 maggio 2013

Big Box Bicycles: How much do those frames cost to make?



I found on a Linkedin group called “Bicycle design and engineering” this interesting  information and my question is:  
Why would you buy or you don’t buy a bicycle like that?




Started by Michael Downes

I was wondering about those Big Box $100 'bicycles'. Does anybody have any insight into what percentage of the retail price is represented by just the frame? I ask because I noticed a wide range of frame styles from really basic diamond frames to complex 'full suspension' designs and yet there is not much of a price range. They seem (at least here in the States) to run from just under $80.00 to a maximum of $150.00. Compare that to the products in the IBD's where the price points cover a far greater range.

Adam Hunt - Depends a lot on landed costs. I had a friend of mine who was sourcing out Chinese made titanium frames and the cost for the frames and forks were far lower than you would expect.

Mike Flaherty  - Due to cheap materials and fast, lower quality welding these frames can run as low as $15. My old trading agent in Taiwan was telling me that he found a complete 21 speed mountain bike in China that was only $21 to make - complete with all components. It can get pretty crazy.

Bob Long  -  I have purchased several frames from several sources in China, ranging from $12-40$.
Complete bikes with Big Box type components from 35-80$ depending on the style and Qty. I had custom bikes made with custom colors, min order was 100-200 units.

venerdì 26 aprile 2013

Archeologia delle idee



http://www.sonic.net/~ckelly/Seekay/pioneers.htm

Viviamo in mondo dominato dal mito autoreferenziale del progresso, che viene divulgato come se fosse un fenomeno a senso unico, perennemente in crescita , di cui l’umanità è spettatrice, più che protagonista. Sono così forti le influenze di questa propaganda operata dai “poteri” della finanza, dell’industria, della scienza, dei media e del marketing che è quasi impossibile spiegare che questo concetto è falso o, quantomeno, tutto da dimostrare.
La crisi della civiltà occidentale sta incrinando l’infallibilità di detto progresso. Servono concetti alternativi dei quali servirsi per imprimere alla società – di cui l’economia è solo una delle dinamiche – una spinta rigeneratrice.
Insieme ad altri , tra questi concetti, ci sono quelli di “rinnovamento” e di “innovazione”. L’aspetto determinante è che essi possono diventare obiettivi che intervengono nella sfera personale -  si alimentano anche di una responsabilità individuale - e che sono in grado - se ben orientati e condivisi da una “massa critica” di soggetti attivi - di assumere dignità di “progresso” quando diventano patrimonio di una fenomenologia collettiva.
L’aspetto più intrigante dell’innovazione si ricollega all’evidenza che la realtà è  una costruzione mentale e la  interpretazione di ciò che è "reale" può giungere a risultati profondamente innovativi anche semplicemente cambiando il punto di vista.
Al secondo anno di studi universitari cambiai casa ed occupai una stanza di un appartamento al centro di Bologna. Era un appartamento enorme (era stato un bordello fino all’avvento della legge che li vietava) ed una stanza era ancora in uso del proprietario, che ci conservava vecchi mobili. Era il 1975.
Percorrendo la mia esistenza su due ruote, venivo da una parentesi motociclistica totalizzante, durata tutto il periodo delle superiori. Con la moto avevo ampliato i miei orizzonti, avevo raggiunto mete “lontane”, ma la cosa che avevo fatto in particolare era stato liberarmi dalle strade asfaltate, buttandomi su qualunque percorso fuoristrada che avevo incontrato. L’ostacolo, il salto, la derapata, insieme ai paesaggi che scoprivo dopo lunghe cavalcate in montagna mi attraevano come il canto delle sirene.
http://www.sonic.net/~ckelly/Seekay/ftf_welcome.htm
Un giorno, soffermandomi davanti all’officina di un ciclista, vidi quella che sarebbe stata la prima bici della mia maturità. Giaceva quasi sommersa sotto una catasta di ruote e di telai e di altra cianfrusaglia, ma la sua conformazione le impediva di scomparire.
Tradotto dal bolognese , il vecchio ciclista dalla faccia paonazza di vino mi disse “Era la bici del garzone del panificio qui all’angolo. Me l’hanno lasciata ma non verranno più a prenderla perché ormai consegnano con un furgoncino. Se la vuoi prendere, te la regalo”.
Non gli detti il tempo di ripensarci e, dopo averlo aiutato a liberarla , uscii con la bici pagata al prezzo di due camere d’aria, due copertoni nuovi ed un unico sorso di vino tracannato insieme a lui  da un bicchiere sporco di grasso.
Una abitudine che avevo e che non ho mai perso era quella di avere con me una cassetta degli attrezzi per cui, portata la bici nella stanza-magazzino del mio appartamento al primo piano, la sera stessa iniziai a studiarla e smontarla per dare senso alla mia intuizione. I due larghi portapacchi , i parafanghi , il paracatena non potevano rimanere al loro posto e sotto questa cortina di ferro si svelò tutto ciò che mi interessava. Lo scheletro lungo e basso , il largo manubrio con i freni a bacchetta, le grosse ruote esprimevano la robustezza della bici che avevo in mente: una bici da fuoristrada!
http://www.sonic.net/~ckelly/Seekay/pioneers.htm
Mi ci vollero due settimane per personalizzarla. Uno spruzzatore per irrorare di insetticida le piante (il famoso “flit”) si prestò a stendere il velo di vernice rosso-Ferrari con cui sostituire il precedente colore paramilitare. Cambiai la sella con una Brooks da passeggio. Le ruote da 24” calzate dai  grossi pneumatici bicolore e l’essenzialità della meccanica a rapporto fisso annunciavano un uso irrituale… lo stesso al quale gli abitanti del centro che mi vedevano sfrecciare sul pavè dissestato - o anche sotto i portici quando pioveva - e saltare i gradini "fuorisella" si abituarono presto.
Fu nella prima metà degli anni ottanta che l’ondata delle mountain bike raggiunse l’Europa. Erano passati circa dieci anni da quando una manica di scavezzacollo Californiani  le aveva testate lungo la famosa discesa in fuoristrada del Repack, nella Marin County , per poi offrire all’umanità un nuovo modo di pensare la bicicletta.

The poster is an example of the underground advertising for Repack races

Poster art by Pete Barrett

Cosa sarebbe accaduto alla mia esistenza ed al gruppo di scalmanati americani se mi fossi iscritto all’Università di San Francisco ed avessi fatto la mia scoperta più o meno insieme a loro?
Il fatto è che io – nella tradizione Italiana più recente - mi sono limitato a realizzare l’innovazione, loro sono stati artefici del progresso. Comunque, tutti noi abbiamo reinterpretato la realtà con gli occhi del nostro tempo e della nostra capacità di interagire con l’ ambiente vitale.


Da allora questa innovazione ha reinventato non solo il mezzo di trasporto, ma la stessa dimensione del sentirsi liberati dal vincolo della strada per spaziare e sentirsi “spaziati”, fino a diventare uno sport olimpico ed uno stile di vita.

http://www.mtnbikehalloffame.com/